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Posts Tagged ‘Antonino Bonadonna’

Da qualche giorno è stato pubblicato un mio breve saggio dal titolo Messina assediata: la guerra, le fortificazioni e la città tra il 1718 e il 1719, nel volume Una battaglia europea. Francavilla di Sicilia 20 giugno 1719 (a cura di E. Gugliuzzo, G. Restifo, Aracne Editrice, Roma 2020, pp. 219-230).

Francavilla una battaglia europea - Aracne 2020

Il saggio è il frutto della mia partecipazione ad un convegno che si è tenuto l’anno scorso per ricordare la Battaglia di Francavilla (di Sicilia) del  20 giugno del 1719. Nell’occasione, a conclusione del mio intervento avevo evidenziato come nessuno avesse commemorato o ricordato i due assedi della Cittadella di Messina del 1718 e del 1719, a differenza invece di come è stato fatto nella vicina Milazzo per ricordare l’assedio del 1718 con l’impegno della Società Milazzese di Storia Patria, o appunto a Francavilla di Sicilia dove si stava tenendo un convegno internazionale. La conclusione che ne traevo era di dover riconoscere la necessità di far diventare, nella coscienza comune, la Cittadella di Messina un “luogo della memoria”, prima ancora di poter parlare di progetti da mettere in atto per il suo recupero alla collettività. Il mio sfogo, manifestato un anno fa al convegno di Francavilla davanti a studiosi, politici e membri della società civile, ha avuto  una piccola eco nella stampa locale.

Tuttavia molto c’è da fare (quasi tutto) nella via che ho indicato, potranno gli storici cucire uno strappo nella memoria di una comunità?

Gazzetta del Sud 30 giugno 2019 – Convegno battaglia di Francavilla di Sicilia

 

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In questo post non parlo direttamente di storia ma propongo la recensione a un romanzo che ha una propria ambientazione storica e geografica nella Messina della Seconda Guerra Mondiale.

Ci sono tanti scrittori che non diventeranno mai famosi e che hanno scritto cose mai pubblicate, alcuni di questi sono scrittori molto validi ed i pochi fortunati a leggere le loro opere sono solo amici e parenti. Mi è capitato  di ricevere in regalo un libro, un libro fuori commercio e stampato in proprio in una tipografia solo per essere regalato a parenti e amici. E’ stato senza dubbio un regalo gradito anche perchè a farmelo è stato l’autore. Si tratta di un breve racconto, un piccolo romanzo che ho divorato in un pomeriggio e che ha stimolato la mia riflessione. La recensione che segue è un modo per condividere con i lettori di questo blog quanto letto, ma è anche un modo per ringraziare l’autore.

Rivolgo un appello alle case editrici affinchè prendano in considerazione questo racconto.

“LE ALI DELL’AURORA” di Antonino Bonadonna, Tipografia Città del Ragazzo, Messina, Giugno 2009

Il breve romanzo ci presenta un’istantanea della Messina tormentata dai bombardamenti angloamericani nella calda estate del 1943, in quei giorni tonnellate di bombe furono sganciate sulla città mettendo a dura prova non solo i nervi e le energie dei soldati ma anche l’esistenza dei molti Messinesi. In quei giorni il grosso dell’esercito tedesco e dell’esercito italiano ripiegava e si ritirava verso il Continente, migliaia di uomini si trovarono quindi in città, pronti ad imbarcarsi. E da questa abbondanza di uomini, di esperienze vissute nelle dure circostanze della guerra, sicuramente emerge l’umanità dei personaggi: i personaggi del racconto sono tutti vivi, provano sentimenti umani e comprensibili pur essendo protagonisti di gesti di eroismo, sia militare che popolare. Lo stesso eroismo dei cavalieri e degli uomini del medioevo che avevano una ben chiara gerarchia di valori ed una realistica visione della vita. Nel racconto emergono tutte le esperienze ed i ricordi dei protagonisti che si fanno portatori della memoria collettiva della città di Messina, con la sua storia, le sue tradizioni, le sue glorie, le sue sconfitte, le sue devozioni e la sua religiosità. I messinesi del romanzo sanno bene chi sono, hanno una identità ben definita e sanno bene cosa vogliono: un futuro da poter costruire, una casa, una famiglia, un luogo in cui poter pregare e soprattutto vogliono la pace per i loro figli. Sono coscienti di potersi rialzare così come avevano fatto qualche decennio prima con dopo il terribile terremoto. Ma un effetto peggiore sulla città ebbe la Guerra, non provocata dalla natura ma dalle ideologie che volevano portare un paradiso in terra ma che alla fine sono riusciti solo a creare un inferno. E in quell’inferno i messinesi hanno continuato a vivere prendendo confidenza con le sirene di allarme, con i rifugi e le esplosioni delle bombe, in quell’inferno hanno dimostrato che la speranza non è un auspicio astratto ma una certezza concreta per una vita futura. Per il raggiungimento di questi obiettivi ed a questi valori i protagonisti del romanzo dedicano i loro atti di eroismo, anche se lontani da casa, anche in un campo di prigionia nemico, anche sotto i bombardamenti, anche in combattimenti, anche in fuga tra i boschi, anche ammirando lo splendido panorama dello Stretto dai colli che proteggono le spalle della Città, in tutte queste circostanze dimostrano una straordinaria coerenza di fede, parole e azioni.

Ci sono anche altre caratteristiche che rendono piacevole il racconto. Si nota subito che l’autore ha dimestichezza con la poesia, riesce con poche parole a descrivere sentimenti e stati d’animo, dove non vi riesce utilizza in una pagina i versetti delle lodi del mattino della liturgia delle ore messe in bocca al cappellano militare, sintesi perfetta di stati d’animo, speranze e certezze. Ad altri scrittori non sarebbero bastate mille pagine pesanti e noiose ma a lui invece è bastato un breve racconto per fornirci quest’istantanea di Messina ma soprattutto dei messinesi di quel tempo.

Il racconto può certamente essere uno stimolo per i messinesi del nostro tempo, così persi nell’egoismo e nelle cose materiali da scordare la propria storia e perdere la speranza, l’augurio è che in futuro possano riprendere la propria strada e risollevarsi e riuscire anche loro a vedere di notte l’Arcobaleno Bianco visto da uno dei protagonisti del romanzo che a questo punto sarebbe più corretto definire non come un breve racconto bensì come una lunga poesia.

Antonino Teramo

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