Propongo qui di seguito un mio contributo pubblicato sulla pagina Facebook Costruire storie. Una piazza per la public history.

Il 19 giugno del 1918, decollato con il compito di mitragliare le posizioni nemiche per preparare l’attacco dell’ VIII Armata, veniva colpito dal fuoco nemico, incendiandosi e precipitando, l’aereo pilotato da Francesco Baracca, il più noto “asso” dell’aviazione italiana della Grande Guerra.
Protagonista di memorabili battaglie aeree e ritenuto responsabile dell’abbattimento di 34 aerei nemici, tanto da essere soprannominato l’“Asso degli assi”, Francesco Baracca durante la guerra era stato decorato con una medaglia d’oro, due medaglie d’argento ed una di bronzo al Valor Militare. La sua fama era cresciuta di pari passo alle vittorie riportate, tanto da meritare la stima del re Vittorio Emanuele III e di Gabriele D’Annunzio.
In un contesto tragico per l’Europa, più che il coraggio e lo sprezzo del pericolo, e più dell’importanza del successo delle azioni militari, emergono prepotentemente dalle pagine della sua storia personale i tratti di umanità: la smisurata passione per il volo, forse la più grande passione della sua vita; l’attenzione per il nemico abbattuto, con la premura di sincerarsi sul suo stato di salute e rattristandosi se veniva a conoscenza della sua morte. Aveva chiara la dura realtà della guerra, a guidare quei velivoli erano uomini come lui. Altre volte aveva voluto stringere la mano ai nemici superstiti, affermando di aver mirato “all’aereo e non all’uomo”. Sono questi atteggiamenti frequenti non solo in Francesco Baracca, ma in tanti uomini che su ogni fronte si trovarono a combattere in quella che fu definita l’“inutile strage”. L’asprezza della guerra, le privazioni, la labilità della stessa vita e l’odore della morte ormai conosciuto da tutti i soldati, non avevano cancellato del tutto l’umanità, persino in coloro che sembravano più sprezzanti del pericolo e più determinati nel colpire il nemico.
A distanza di tanti anni dalla sua morte le gesta di Francesco Baracca sono quasi leggendarie. L’insegna che aveva deciso di far dipingere sulla fiancata del suo aereo, il cavallino rampante mutuato dallo stemma del suo reggimento di provenienza, fu utilizzata con il consenso della madre dell’eroe e con qualche piccola modifica, da Enzo Ferrari per il suo marchio divenuto famosissimo nell’automobilismo mondiale, legando indissolubilmente la memoria di Francesco Baracca alla velocità, allo sport e all’eccellenza italiana.
Antonino Teramo
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